Il merito di installazioni museali come quelle di Casal de' Pazzi è quello di far avvicinare, con estrema facilità divulgativa, alle ricchezze inaspettate che abbiamo sotto i nostri piedi.
Ci troviamo nella periferia romana ad est, interessata negli ultimi decenni da una fortissima antropizzazione. Il quartiere prende il nome dal Casale nel quale abitò l'omonima famiglia rinascimentale, con aggiunte architettoniche nei successivi secoli,
Proprio in occasione degli scavi realizzati nel 1981 per le opere di urbanizzazione, fu rinvenuto un importantissimo sito risalente al Pleistocene medio, di ambiente fluviale.
Nel letto di un antico corso d'acqua vennero rinvenuti, nei 5 anni di scavi che seguirono il rinvenimento, ben 2200 resti ossei, 1.700 reperti litici e il frammento di un cranio umano,
Si tratta quindi di un deposito, generato dall'azione di accumulo del corso d'acqua, di enorme importanza nella ricostruzione paleogeografica del Pleistocene e risulta, al momento, l'unico di età paleolitica scavato in modo sistematico nell'area urbana di Roma.
A partire dal 1800 nell'ambito cittadino avvennero numerose scoperte nel campo paleontologico legate proprio agli scavi in aree su cui sono sorte nuove strade ed interi quartieri; Ponte Mammolo, Monte delle Gioie, Sedia del Diavolo, Saccopastore sono nomi forse noti ai soli addetti ai lavori. Si tratta comunque di giacimenti totalmente scomparsi, obliterati dalla fitta edificazione.
Notizie di carattere scientifico, che testimoniano dell'importanza del sito, sono ben descritte sulla pagina web del Museo. Particolarmente interessante questa "promiscuità" tra resti umani e resti animali di specie non più presenti nell'areale della nostra penisola.
"Il sito, situato sulla riva destra dell’Aniene, ad una quota di 32 m s.l.m., era caratterizzato da strati di ghiaie e sabbie piroclastiche (cioè originate rocce di origine vulcanica) in cui sono furono rinvenuti, con distribuzione non uniforme, industria litica e ossa fossili. Le ossa appartenevano soprattutto a grandi mammiferi (in particolare Elephas (Palaeoloxodon) antiquus, Hippopotamus amphibius, Bos primigenius, Cervus elaphus, Dicerorhinus sp.) e uccelli acquatici. Nel livello più basso, quasi sul fondo del bacino fluviale, fu rinvenuto un frammento di parietale umano.Nell’ampio deposito furono asportati i riempimenti che riempivano l’alveo fino ad arrivare ad una delle rive del fiume. Una barriera naturale formata dal substrato di 'tufo litoide', roccia prodotta dal Vulcano Albano circa 360.000 anni fa, arrotondata poi dalle acque, aveva determinato un accumulo di resti faunistici di grandi dimensioni in un punto specifico del percorso fluviale, in particolare erano rimaste incastrate, tra le scogliere e i blocchi di tufo, zanne e ossa di Elephas. Nella parte più bassa del letto del fiume erano poi concentrati grandi blocchi trascinati dalla corrente, mentre le sponde erano più libere.Lo spessore del deposito superava, al centro dell’alveo, oltre due metri e progressivamente diminuiva, fino a scomparire, in corrispondenza delle sponde. Di conseguenza, nelle aree marginali diminuiva anche la concentrazione di resti faunistici, in particolare quelli di grande taglia.Sia per numero di ritrovamenti che per la loro dimensione, la specie animale che è diventata poi simbolo del sito, è l’Elephas (Palaeoloxodon) antiquus, rappresentato soprattutto dai resti di zanne (25 intere e una cinquantina frammentarie), ma anche da molari (60 interi, 120 frammentari), da frammenti di bacino e cranio e da ossa lunghe.L’abbondante industria litica rinvenuta è quasi tutta ricavata da ciottoli di selce, sia proveniente dallo stesso deposito fluviale che da affioramenti lontani fino a 50 km dal sito.Sono rappresentati molti strumenti diversi, ma in maggioranza si tratta di strumenti tipici del Paleolitico medio, quali raschiatoi, denticolati, intaccature".
La visita, inferiore all'ora, è supportata da tecnologie multimediali e pannelli esplicativi che ricostruiscono l'antica geografia dei luoghi, anche con l'ausilio di filmati e simulazioni. All'esterno un giardino curato con specie presenti in epoca preistorica accoglie i visitatori mentre all'interno è allestita una mostra dei principali rinvenimenti, adiacente la struttura che ospita la musealizzazione di circa 400 metri quadri del giacimento originario
A questo punto qualcuno si chiederà “E cosa c’entra un museo paleontologico con la cucina?”Le risposte sarebbero tante, ne scegliamo una perché nessuno, finora, aveva pensato di proporre una cena preistorica. Lo ha fatto il Museo di Casal de’ Pazzi, a conclusione della cinque giorni di “Preistoria del cibo" L’alimentazione nella preistoria e nella protostoria”, organizzati dall'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria nell'autunno scorso.
Tema principale del convegno è stata l’alimentazione umana “quando andavamo in giro coperti di pelli, quando costruivamo capanne su palafitte e inventavamo l’aratro, quando ci lanciavamo all'assalto con le spade di bronzo.”Tuttavia di proposte di cene a tema è pieno il mondo del web e i temi sono i più disparati, per i salutisti ci sono cene vegane, crudiste o vegetariane, per gli archeologi e storici si va da quelle medievali, all'antica Roma o rinascimentali, poi quelle etniche con cibi dei luoghi più disparati dall'oriente all'occidente. Si è quindi trattato di un esperimento che ha visto fondersi insieme, archeologia, geologia e cucina. Un pretesto per assaporare cibi arcaici per entrare con la fantasia nelle usanze dei nostri antenati.
Per una sera via Ciciliano (tipica strada della periferia romana, buia e poco frequentata, se non dai residenti), sede del museo, è stata illuminata dal fuoco di un vero bivacco arcaico, che ha riempito l’aria di sapori ed odori sicuramente in parte se non del tutto dimenticati.Lo staff del museo di Casal de’ Pazzi, aperto da meno di un anno, ha organizzato un evento diversificato: prima la visita accompagnata da filmati e spiegazioni con giochi multimediali e poi la cena pleistocenica, un vero salto nel tempo e nello spazio, quello di 200.000 anni fa, appunto, molto diverso da come noi moderni siamo abituati a vederlo.
Il menu della serata prevedeva:
stinco di maiale cotto su pietra insalata di rucola, funghi e pera cartoccio di mandorle miele e frutti di bosco vere prelibatezze pleistoceniche come ingredienti principali della cena preistorica.
Unico ospite alieno, fuori tempo, il vino che ha comunque accompagnato i cibi. Sicuramente un’esperienza da ripetere nelle proprie case e che ha rappresentato soprattutto un momento di apertura al territorio circostante che ha risposto positivamente all'iniziativa, a cui hanno aderito in molti tra addetti ai lavori e cittadini che sono rimasti piacevolmente colpiti e che attendono un bis (anche noi lo attendiamo, avendolo perso).
La scelta degli ingredienti è stata rigorosa, ad esempio, ovviamente, niente pomodori o melanzane e solanacee in genere introdotte in Europa dopo la scoperta dell’America.Inoltre i metodi di preparazione o cottura risentono della contaminazione con i giorni nostri. Si tratta quindi di una cena abbastanza raffinata e al tempo stesso facilmente riproducibile nelle proprie cucine.Il menu di quella che è stata chiamata Pleistocena nasce dopo ricerche approfondite sulla alimentazione del Paleolitico, liberamente reinterpretata e adattata al gusto odierno e svolta attorno a un focolare simile a quelli del passato.
Con l'occasione della visita è possibile anche ammirare il bellissimo dipinto dell'artista urbano Blu su un palazzo di sei piani in una via prossima al Museo, che racconta l'evoluzione/involuzione del nostro pianeta. Il murale è stato dipinto con il solo ausilio delle corde, senza impalcature .
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L’ingresso all'area pleistocenica di Casal de’ Pazzi è libero, previa prenotazione allo 060608. Il sito si aggiunge ai sette "piccoli musei" gratuiti che fanno parte del sistema dei Musei Civici romani: Museo Barracco, Villa di Massenzio, Museo delle Mura, Museo Bilotti, Museo Napoleonico e Museo Canonica a Villa Borghese, Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina.
A questo punto qualcuno si chiederà “E cosa c’entra un museo paleontologico con la cucina?”Le risposte sarebbero tante, ne scegliamo una perché nessuno, finora, aveva pensato di proporre una cena preistorica. Lo ha fatto il Museo di Casal de’ Pazzi, a conclusione della cinque giorni di “Preistoria del cibo" L’alimentazione nella preistoria e nella protostoria”, organizzati dall'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria nell'autunno scorso.
Il menu della serata prevedeva:
www.museocasaldepazzi.it |
Unico ospite alieno, fuori tempo, il vino che ha comunque accompagnato i cibi. Sicuramente un’esperienza da ripetere nelle proprie case e che ha rappresentato soprattutto un momento di apertura al territorio circostante che ha risposto positivamente all'iniziativa, a cui hanno aderito in molti tra addetti ai lavori e cittadini che sono rimasti piacevolmente colpiti e che attendono un bis (anche noi lo attendiamo, avendolo perso).
La scelta degli ingredienti è stata rigorosa, ad esempio, ovviamente, niente pomodori o melanzane e solanacee in genere introdotte in Europa dopo la scoperta dell’America.Inoltre i metodi di preparazione o cottura risentono della contaminazione con i giorni nostri. Si tratta quindi di una cena abbastanza raffinata e al tempo stesso facilmente riproducibile nelle proprie cucine.Il menu di quella che è stata chiamata Pleistocena nasce dopo ricerche approfondite sulla alimentazione del Paleolitico, liberamente reinterpretata e adattata al gusto odierno e svolta attorno a un focolare simile a quelli del passato.
Con l'occasione della visita è possibile anche ammirare il bellissimo dipinto dell'artista urbano Blu su un palazzo di sei piani in una via prossima al Museo, che racconta l'evoluzione/involuzione del nostro pianeta. Il murale è stato dipinto con il solo ausilio delle corde, senza impalcature .
L’ingresso all'area pleistocenica di Casal de’ Pazzi è libero, previa prenotazione allo 060608. Il sito si aggiunge ai sette "piccoli musei" gratuiti che fanno parte del sistema dei Musei Civici romani: Museo Barracco, Villa di Massenzio, Museo delle Mura, Museo Bilotti, Museo Napoleonico e Museo Canonica a Villa Borghese, Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina.
Questi musei e le loro iniziative devono essere maggiormente pubblicizzate
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