mercoledì 6 aprile 2016

Una spiaggia, una panchina e tanta pioggia


L'avventura di questo blog, tra le numerose cose positive, ci ha restituito la voglia di mettere di nuovo scarponi ai piedi e zaino in spalla, senza accampare scuse anche in caso di tempo incerto: si decide e si parte. In questa scelta ci si riproietta, inevitabilmente, al periodo universitario, quando di pioggia se ne prendeva comunque molta.
La curiosità maggiore è quella di tornare, non senza nostalgia, a visitare quegli stessi luoghi nei quali, qualche decennio fa, ci siamo cimentati studenti, magari al seguito di professori verso i quali l'inclemenza del tempo sembrava fosse una costante assoluta, un accanimento proverbiale.

Dalla nostra lista virtuale di sezioni stratigrafiche, affioramenti, ricordi e fossili, abbiamo estratto una strana combinazione, a dire il vero un po' esoterica: la panchina tirreniana, un deposito costiero che si forma nelle zone marine di risacca, ricchissima di resti fossili di molluschi.

Questa formazione è fortemente cementata per la precipitazione del carbonato di calcio e molto povera di terreni "fini" argillosi, che sono stati asportati proprio dal moto delle onde. E' presente in buona parte delle coste italiane e quella "tirreniana" fa riferimento proprio ad un periodo geologico così denominato e riferito al periodo caldo interglaciale Riss-Wurm, quello precedente l'ultima grande espansione glaciale.
Per comprendere l'ambiente di formazione, prendiamo a prestito una immagine esemplificativa del Museo di Geologia e Paleontologia dell'Università di Padova.


In un periodo in cui si fa un gran parlare di cambiamenti climatici, non dobbiamo dimenticare  che, giusto negli ultimi due milioni di anni, si sono verificati fasi che hanno portato ad intense modifiche del clima sulla Terra: fasi fredde, conosciute come glaciazioni, alle quali si sono però intervallati periodi molto caldi, interglaciali, nei quali il Mediterraneo ospitava una fauna ricchissima, tipica dei climi caldi, che oggi si rinviene sulle coste africane del Senegal. In realtà faceva molto più caldo di adesso ! Qui sotto la Patella ferruginea, un "ospite caldo" di origine senegalese presente sulle nostre coste durante le fasi interglaciali  del Pleistocene.


Uno dei principali effetti dell'espansione dei ghiacci e del loro successivo scioglimento furono le oscillazioni del livello del mare che raggiunse quote anche notevoli, oggi ricostruibili solo con attenti studi delle forme terrestri (gradini e terrazzamenti in particolare) e delle specie che ne abitavano gli ambienti, sia marini che continentali.
Una visione completa dell'area è quella che si legge nella cartografia ufficiale del Servizio Geologico d'Italia. I terreni contraddistinti dal numero 11 appartengono alla formazione del Conglomerato di Palo, con grossi ciottoli cementati, spesso forati da litodomi in eteropia o associati a calcareniti tipo panchina a Strombus bubonius del Pleistocene superiore.


                                                                                                                   
La nostra visita si è svolta, come da copione, in una giornata piovosa, partendo dalla spiaggia della cittadina di Ladispoli. In questo tratto la costa è in forte erosione e si procede verso Sud, con qualche difficoltà, su un piccolo sentiero tracciato nel primo terrazzo morfologico della duna a pochi metri rispetto al livello del mare, in direzione del Castello Odescalchi, ai margini dell'area protetta Bosco di Palo Laziale, visibile all'interno della recinzione .



Si tratta di una porzione molto caratteristica del litorale laziale e particolarmente ricca sotto l'aspetto naturalistico la presenza dell'area protetta, che ha limitato la forte spinta urbanistica, creando una condizione di particolare pregio ambientale.


Il Bosco di Palo Laziale (SIC IT6030022) è inserito per tale motivo nella Rete Natura 2000, un network europeo costituito da aree tutelate per la grande rilevanza degli ambienti e degli ecosistemi che le caratterizzano. Notizie ed iniziative si possono trovare alle pagine della Associazione Alsium, che cura anche la gestione dell'Oasi.

 
Una bellissima escursione, da effettuarsi al di fuori della stagione estiva che giunge, a circa metà del percorso verso il Castello, presso un tratto di costa fortemente erosa, in cui la particolare morfologia e le correnti permettono il deposito di un accumulo multicolore di resti di bivalvi e gasteropodi recenti (accompagnati purtroppo da rifiuti), che interrompono la continuità monotona dello scuro arenile di sabbia vulcanica.




Immaginiamo cosa potrebbe accadere se la litogenesi "fossilizzasse" improvvisamente questo ambiente, creando una roccia tenace e ricca di resti di molluschi.
L'erosione mostra una bella sezione di materiale vulcanico alterato e argillificato, testimone di un ambiente continentale e paludoso, con livello bruni più ricchi di torba.


Ovunque sono sparsi segni e testimonianze dei paleoambienti che si sono succeduti: resti di echinide,
 


lamellibranchi litofagi capaci di perforare chimicamente le rocce all'interno delle quali trascorrono l'intera vita e che sono importantissimi per ricostruire le antiche linee di riva, come oggi fanno i cosiddetti "datteri di mare"


e  coralli.



Molti dei molluschi lamellibranchi e dei gasteropodi che conosciamo sotto forme fossili finiscono nei nostri piatti sostanzialmente "immutati" rispetto ai loro antenati. Le cozze, ad esempio, pur essendo specie dal velocissimo adattamento (alcuni studi hanno dimostrato come siano state capaci in pochi anni di ispessire il loro guscio per reagire ad una improvvisa invasione di predatori), mantengono la loro fisiologia e la loro anatomia costante da milioni di anni e occupano la  stessa "nicchia  ecologica".
E finiscono per farci compagnia nelle nostre preparazioni e nei nostri abbinamenti, spesso di rapida realizzazione e di rara efficacia.
Un suggerimento per cambiare associazione per  similitudine è realizzare un  piatto di cozze allo zenzero che con il  suo profumo piccante che ricorda il nostro limone contrasta  alla perfezione con il dolce del mollusco.

L'accumulo di spiaggia attuale


invece ci ha ricordato un fumante sauté di frutti di mare con tanti Murex, un gasteropode  usato in antichità prima dai fenici e poi dai romani per  estrarre il colore porpora e oggi chiamato  "boccone"  o "sconciglio" secondo le  zone.


Per  finire non possono mancare degli  ottimi spaghetti con le vongole magari accompagnati con un po' di bottarga di muggine, un pesce  diffusissimo nelle  nostre coste.






2 commenti:

  1. Che ricchezza il nostro territorio. Che bello trovare un blog come questo che ci insegna ad apprezzarlo a fondo.

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    1. Grazie di questo commento Elisa, ci stimola ad andare avanti soprattutto perché ci arriva da una persona che stimiamo molto entrambi. Daniela

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