giovedì 7 luglio 2016

Mettere in valigia Le Parole della Terra.


In queste torride giornate estive, si cerca refrigerio ovunque e più che mai nel pensiero di una prossima vacanza rigeneratrice.
Mare, montagna, collina non importa: la parola d'ordine è rilassarsi per qualche giorno e, soprattutto, ricaricare le batterie quasi esauste per ripartire alla grande.
In questi mesi con il nostro blog abbiamo cercato di raccogliere curiosità e raccontare territori, con un stimolo alla visita ed alla scoperta, coniugando tutto quello che è racchiuso nelle parole chiave "Geologia e Cucina".
Speriamo di essere riusciti ad invogliare i nostri lettori vacanzieri a scendere nelle viscere di Napoli, comprare una pietra coti di passaggio in Val Seriana, a fuggire dalla calura della Capitale, visitando il reatino, salendo sul Monte Soratte o perdendosi tra i vicoli di Sant'Angelo Romano; per gli esterofili incalliti, risalire alla sorgente degli stili birrari "europei", anche nella Gran Bretagna post Brexit.


Ma il compagno di ogni vacanza, fedele e fidato, che non può mancare in ogni valigia in preparazione, tra uno robusto scarpone da trekking o un colorato pareo marino, non può essere che lui: un buon libro
Cartaceo, possibilmente. 
Dopo esserci cibati di tecnologia social, alla ricerca del riflesso giusto e con gli occhi convergenti su uno schermo a 5 pollici, delego alla mia estate anche un riposo oculare, riacquistando le sensazioni tattili della tecnica...tipografica. 
A costo di un piccolo sacrificio, per peso e dimensioni, sullo spazio in bagaglio.


Ho scovato questo volumetto stampato nel 2003, oserei dire questo "tesoro" in un mercatino. L'ho letto, riletto, triletto. Ogni tanto lo apro a caso e ne scorro poche righe e faccio sempre la stessa considerazione: come ha fatto a privarsene chi lo ha messo in vendita su una bancarella di provincia ?
Le Parole della Terra - manuale per enodissidenti e gastroribelli di Luigi Veronelli e Paulo Echaurren ed. Stampa Alternativa va comprato, o preso in prestito da un amico e messo in valigia.
Se proprio non lo trovate acquistate l'ebook, forzando le regole appena scritte.
E' la riproposta, sotto forma di dialogo tra i due autori, dei due anni di collaborazione che Veronelli ebbe con il settimanale Carta di cui curò la rubrica, appunto, Le Parole della Terra.

Luigi Veronelli (en.wikipedia.org)
La mia soperta di Veronelli è tardiva, forse troppo tardiva, con la sensazione di aver passato parte della mia adolescenza leggendo giornalini e ascoltando Furia cavallo del West mentre, poco metri più in là, si scriveva la storia: un po' come essere vissuti negli anni '60 senza aver ascoltato The Beatles.
Veronelli in realtà lo vedevo in TV, in un bianco e nero pre-serale, quando la televisione bicanale ti avvertiva con un triangolino bianco lampeggiante che stava per iniziare un nuovo programma sull'altra rete e io, da "bambino-telecomando", mi alzavo a girare la manopola del pesantissimo schermo catodico. Era un programma antesignano di tutto ciò che oggi circola in materia sull'etere, dalle piattaforme digitali a quelle satellitari: A Tavola alle 7, con Ave Ninchi; le puntate ancora visibili su YouTube sono bellissime.

A Tavola alle 7 (www.youtube.com) 
Io Veronelli non lo capivo. Sebbene ne rimanessi affascinato, non lo capivo neppure quando sbirciavo la rubrica Il Buon Vino, che teneva sul settimanale Panorama, sempre nello stesso periodo, a cui mio padre era abbonato.
Ma ero giustificato, perché di anni ne avevo 7.
Solo ora, a oltre 10 anni dalla sua scomparsa, comprendo che figura rivoluzionaria quest'uomo ha rappresentato non solo nel mondo della enogastronomia, ma della cultura italiana. 
Indubbio protagonista delle battaglie per preservare la diversità nel campo della produzione agricola ed alimentare, valore assoluto e manifesto di tutto quello che oggi sembra essere il "vessillo", un po' modaiolo, della riscoperta dell'agroalimentare di qualità, del "naturale", del biologico, del libero dalla chimica.


Le Parole della Terra racconta tutto questo, del vero rapporto tra i Prodotti ed il Territorio, il Paesaggio, l'Agricoltura, gli Uomini, la Cucina, la Geologia. 
Concedetemelo: tutto maiuscolo.
E' l'esaltazione enciclopedica e nel ritmo un po' futuristica, delle Pennate di Agerola, delle Curàcc di Barghe, della Passagrassana di Bosia, delle Spadone di Castel Madama, delle Calvisio di Finale Ligure, della Madernassa di Govone, delle Moscarelle di Palata e delle Alexander di Termeno.
Tutte tipologie di Pera, che sfido a trovare nell'omologazione di un qualunque supermercato odierno. 

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Perché non ci offrono gli strumenti idonei per andare a ritroso nella catena produttiva e distributiva, per risalire alla fattoria, alla stalla, al tipo di bestiame? Poter appurare per esempio se per quella certa forma di grana sia stato utilizzato il latte della mitica vacca rossa come ci hanno tramandato i vecchi e, testardamente, si continua a fare a Coviolo e da qualche altro eroico casaro restio a svendere il proprio patrimonio genetico alle lusinghe delle banche e della convenienza.

Infatti il latte generalmente impiegato proviene dalle mammelle della mucca bianca (così si dice da queste bande), ovvero della frisona, della pezzata, dell'olandese, il quale, essendo il doppio come quantità prodotta per capo, è certamente meno potente, più confacente all'incremento dell'investimento, all'allevamento su vasta scala ma con un effetto fotocopia rispetto all'originale.

Nel reggiano c'è gente che non dimentica, che battezzava i propri figli col lambrusco per contestare le usanze pretesche, gente fiera, che conserva la memoria della cucina rosso nera (nel senso dell'anarchia), delle osterie senz'oste (prendi secondo necessità, paghi secondo possibilità, con onestà), dei liquori proletari.

Anche la vacca rossa (di nome e di fatto) farebbe la sua porca figura in apertura del nostro corteo.

(tratto da Le Parole della Terra - manuale per enodissidenti e gastroribelli di Luigi Veronelli e Paulo Echaurren ed. Stampa Alternativa, 2003)









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