mercoledì 16 marzo 2016

Lungo le vie del sale.


Da professionisti, appassionati o da semplici curiosi è sempre utile consultare, con una certa periodicità, il sito del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Tra i compiti istituzionali, il Ministero si occupa dell’aggiornamento degli elenchi dei prodotti iscritti nei Registri delle Denominazioni di Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Tipica (IGT) e delle Specialità Tradizionali Garantite (SGT), che certificano la nostra qualità agroalimentare a livello europeo. A questi si affianca l’enorme patrimonio dei quasi 5000 Prodotti Agroalimentari Tradizionali che fanno dell’Italia una eccellenza a livello mondiale.
L’aggiornamento del primo dei due elenchi è stato pubblicato giusto pochi giorni fa (il 9 marzo) e gli oltre 300 prodotti certificati dimostrano, sempre di più, come la ricchezza di questo settore, da Nord a Sud isole comprese, sia quasi paragonabile alla biodiversità che offre la nostra Penisola. Una ricchezza fortemente radicata nei legami che questi prodotti hanno con il territorio di origine ed, inevitabilmente, con le caratteristiche pedoclimatiche e geomorfologiche che lo rappresentano.
Scorrendo il Registro, tra le tantissime curiosità, l’occhio si è fermato alla fine della gustosissima sequenza dei salumi al numero 234, dove compare un inatteso patrimonio nazionale: il Sale Marino di Trapani, dichiarato alla fine del 2012 prodotto ad Indicazione Geografica Tipica.
Il sale trapanese, che per primo ha raggiunto questo ambito traguardo, possiede caratteristiche di estrema purezza (qui il disciplinare), ma è in buona compagnia nell’elenco dei Prodotti Tradizionali: come non ricordare quello che proviene dalle saline pugliesi di Margherita di Savoia, le più grandi in Europa, da Cervia o da quelle di Cagliari. Si tratta di impianti che utilizzano le tecniche di evaporazione dell’acqua marina, in aree dove la concentrazione dei sali raggiunge livelli che ne permettono la raccolta, in genere oltre i 300 mg per litro di acqua.
Il sale, storicamente, ha sempre avuto un ruolo strategico ed è stato anche oggetto di un forte contrabbando, per il suo valore commerciale intrinseco legato innanzitutto ai costi notevoli del trasporto: valore testimoniato anche nel nostro vocabolario dalla parola “salario”, inteso come mezzo di pagamento, o dalla stessa Via Salaria, antico crocevia di traffico e commercio della preziosa sostanza.
Oggi l’uso del sale è principalmente di tipo industriale, per la sicurezza stradale, la zootecnia, gli impianti di addolcimento acque, concerie, fonderie, aziende tessili e chimiche.
In cucina l’offerta si sta arricchendo di sali provenienti da molte parti del mondo, per lo più colorati da impurezze (rosa dell'Himalaya, grigio bretone, rosso hawaiano, affumicato norvegese, blu iraniano e via dicendo), per i quali la valutazione qualitativa è condizionata da aspetti quasi modaioli piuttosto che da reali differenze chimico fisiche ed organolettiche. Ma di questo parleremo in futuri post.
Per noi di Geologia e Cucina è interessante soffermarsi sul Cloruro di Sodio, il sale alimentare per eccellenza, e soprattutto sul salgemma, l'elemento cristallino che provenie dalle miniere terrestri.  
Il salgemma, o sale di rocca, prende il nome mineralogico di halite, derivato delle parole greche «άλς» che significa sale e «λίθος», pietra.
Dopo il gesso è uno dei minerali a minore durezza (2 su 10, valore massimo del diamante) ed assume una struttura simmetrica, il più delle volte cubica. Fonde a 860°C ed ha un peso specifico di 2,168. 
Si tratta di un elemento puro, composto quasi al 100% di ioni di Sodio e Cloro, che si forma per evaporazione di antichi mari e bacini “chiusi” (basti pensare al Mar Morto). Gli spessori di alcune centinaia di metri, sfruttabili come giacimento, superano la profondità del bacino da cui hanno origine: questo fenomeno è dovuto a fenomeni di sprofondamento del fondo marino, accompagnati da apporti ciclici di nuova acqua che interrompe il processo di formazione, dissolve nuovamente i minerali e forma successivi strati ricristallizzati.
In Europa le più antiche miniere di salgemma sono in Austria a Salzsburg (appunto la “Città del sale”), in Polonia (miniere di Wieliczka e di Bochnia), in Spagna (Cardona), in Ucraina (Solotvyno) ed in molte aree del mondo quali il Tibet, l’Iran e il Sudamerica.
Non mancano, tuttavia, importantissimi giacimenti in Italia, specie in Sicilia, in un’area in cui una profonda crisi di apporto idrico avvenuta circa 6 milioni di anni fa (Messiniano), genericamente attribuita alla chiusura dello stretto di Gibilterra, provocò la formazione di un enorme lago salato corrispondente all’attuale Mar Mediterraneo, prolungandosi per un milione di anni circa.
Si formarono enormi spessori di “evaporiti” per la precipitazione dei sali, a partire da quelli meno solubili: prima i carbonati (calcite), poi i solfati di calcio (gesso), il salgemma (cloruro di sodio) e per finire i restanti cloruri e solfati.
I più famosi siti di estrazione italiani sono quelli di Petralia Soprana, Racalmuto e Realmonte, a cui si affiancano quelli in Val di Cecina, in Toscana, in Val d'Agri, in Basilicata e a Crotone, in Calabria.

La miniera di Petralia Soprana rappresenta uno dei giacimenti più ricchi d'Europa: si estende per oltre 2 km², con uno spessore di 250 m, con un tenore in cloruro di sodio fino al 99,9 %, la cui purezza fa pensare ad una origine secondaria, ovvero che si tratti di depositi salini preesistenti che le vicende geologiche dell'isola hanno disciolto, dislocato e ricristallizzato. Petralia si trova nel cuore delle Madonie, all’interno dell'omonimo Parco e rappresenta un geosito di eccezionale interesse, meritando una visita attenta. Manifestazioni dedicate alla conoscenza e diffusione del nostro patrimonio geologico, come la Settimana del Pianeta Terra, nella quale abbiamo avuto il piacere di organizzare lo scorso ottobre un appuntamento sul carsismo, rappresentano una immancabile occasione di arricchimento culturale.
Ma esiste una differenza sostanziale tra sale marino e salgemma ? E soprattutto qual è l’uso che si può fare in cucina di questo straordinario cristallo ? 
Per il primo aspetto almeno dal punto di vista organolettico, non esistono differenze sostanziali. Il  salgemma, tuttavia, per le modalità di formazione, perde molti degli elementi originari e capita spesso che debba essere arricchito di tutto quanto è ricca l’acqua marina: cesio, iodio, magnesio ed, ovviamente, sodio.
L’utilizzo alimentare più conosciuto è sicuramente quello di conferire sapidità ed esaltare il gusto di una pietanza. 
Ma sale non è solo condimento: può avere un uso terapeutico, cosmetico (o entrambi come nelle  grotte di sale) e  può essere anche molto più semplicemente uno  strumento di cottura.
Recentemente su molti siti di vendita online o in negozi  molto forniti di casalinghi, si trovano delle  interessanti piastre ricavate di solito dal sale rosa dell'Himalaya, ma anche con altre provenienze, utilizzate per cuocere. Sono lastre molto spesse e pesanti, tagliate in diverse forme e misure che devono resistere ad alte temperature (ricordiamo il sale fonde a 860°C), immagazzinare calore velocemente e cederlo lentamente.
Si utilizzano come una normale piastra per cucinare cibi in modo leggero e senza grassi. Molto igieniche e pratiche si puliscono semplicemente con acqua o bicarbonato e a ogni lavaggio si assottigliano un po' per l’alta solubilità del materiale.

Queste piastre si usano quindi come la più nota pietra ollare, si scaldano in  forno o sul  fornello e poi si procede alla  cottura. Se si scelgono pezzature grosse di carne, come fiorentine o tagliate, è preferibile procedere alla cottura vicino alla  fonte  di calore mentre  per  pezzi  piccoli di carne, pesce o  verdure si può cuocere direttamente  a tavola unendo anche la  convivialità al gusto e leggerezza  di  questo modo di cucinare che sta conquistando gli amanti della cucina naturale e leggera.

La lastra di sale grazie alle sue caratteristiche può essere usata in molti modi diversi: come semplice vassoio per presentare le vivande, come piatto con proprietà refrigeranti mettendolo nel congelatore per una decina di minuti) e per cuocere (dopo averlo scaldato in forno).

La cosa  divertente secondo noi è farsi da soli in casa una piastra per la cottura seguendo le  indicazioni dello chef sloveno Tomaž Kavčič che per primo ha  riportato in auge  un metodo di cottura  vecchio di migliaia di  anni proprio dopo una  visita alle saline di Pirano.
A Tomaž venne l'idea di aromatizzare in vario modo il fior di sale e di trasformarlo in un letto su cui cuocere pesce e carne.
Come si fa?
Si parte da sale grosso, preferibilmente integrale di salina e quindi ricco di oligo elementi, e già questo fa la differenza col normale sale da cucina, ma se non lo troviamo va bene anche quello comune.
Si aromatizza il sale con delle erbe a piacere tritate, meglio se al coltello (anche questo è importante), si fa uno strato di almeno due dita in una teglia o una padella (non antiaderente), si spiana la  superficie colmando i vuoti con sale  fino e si porta a temperatura, almeno 150°C. Si vaporizza la piastra con un infuso preparato con le stesse erbe o altre a piacere. Un risultato interessante lo dà  l'uso di un tè  affumicato per  cuocere del pesce o  carne, ma non con le verdure.
Il sale, grazie all'alta temperatura e all'acqua, prima va parzialmente in soluzione, poi solidifica e  compatta formando una lastra su cui  cuocere gli alimenti scelti. In questo modo si ottiene una cottura senza aggiunta di grassi che mantiene inalterati sapori e consistenze e allo stesso  tempo la piastra cede il giusto quantitativo di sale che dà sapidità ai cibi.

Il segreto di questa cottura è dato dai vapori aromatici sprigionati dall'umidità del sale che evaporando trasmettono i profumi ai cibi. 

Procedimento:
1. Mettere una vecchia teglia sul fuoco, volendola proteggere  si può rivestire con un foglio di carta di alluminio, in questo modo sarà più semplice pulirla ed estrarre la lastra.
2. Versare nella teglia il sale grosso mescolato assieme ad abbondante rosmarino, salvia, timo e altre erbe a scelta.

3. Nel frattempo preparare un infuso con altre erbe.
4. Compattare il sale stendendolo in modo uniforme, scaldare a fuoco molto alto e attendere circa 10 minuti, e quando è rovente vaporizzare bene con l'infuso in modo che gli aromi contenuti si miscelino al sale e ai suoi vapori.
5. Aspettare che la piastra s'indurisca, come una pietra, quindi vaporizzare di nuovo. Ripetere alcune volte.

6. Cuocere il cibo prescelto come fosse una pietra ollare, in forno, sul  fornello o direttamente  a tavola, se necessario vaporizzando fino alla cottura completa.
7. Servire e mangiare.

Perfetta per la carne, il pesce, i crostacei e le verdure, una volta  raffreddata e pulita questa lastra può essere riutilizzato dopo un passaggio  in forno caldissimo per  eliminare i residui di cibo.
Inoltre poiché i cibi si cucinano senza l'aggiunta di grassi (olio, burro) è ideale anche per una dieta  ipocalorica.
Inoltre gli alimenti cotti sulla mattonella assorbono la giusta quantità di sale di cui hanno bisogno, salandosi autonomamente.
I tempi di cottura sono molto più  brevi delle  tecniche "sotto sale" o "in crosta di sale" , ideali anche ideale per chi ha poco tempo a disposizione.

Per saperne di  più:

Un video pubblicato da L'Espresso:



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