sabato 7 agosto 2021

Bigoli e Vulcani. Il Monte Purga.

Con il mese di agosto anche Geologia e Cucina si prende una piccola pausa estiva e riapre con piacere le porte alle collaborazioni. Oggi è la volta di Matteo Capellaro, geologo e sommelier, che  porta avanti un'agenzia di consulenze enogastronomiche "Matteo Capellaro. Fine Wines Selection". 

Per saperne di più su come nasce la sua passione c'è una breve descrizione della  sua storia nel blog.

Con questo post appassionante ringraziamo Matteo e auguriamo un buon agosto a tutti.

BIGOLI E VULCANI

M.TE PURGA

Tutto ebbe inizio da un piatto di Bigoli al Cimbro.

Forse l'organizzazione di un viaggio di scoperta nasce da un'emozione che anima la curiosità. Spesso si è portati, come per me in questo caso, da un semplice piatto di pasta, a nutrire il desiderio di andare a cercare una risposta a certe domande. Una tra tutte che per mesi mi ha ronzato in testa: "Matteo, a cosa è servito dedicare un anno della tua vita a collaborare con un ristorante di razza in Valpolicella per poi assistere impotente alla sua chiusura definitiva?"

Ci misi sei mesi circa a darmi una risposta, analizzando il detto di Galilei secondo cui dietro a ogni problema di nasconde un'opportunità: un bel dì, riprendendo in mano un menù del ristorante, scorrendo righe colme di straordinarie e succulente bontà, mi resi conto che se per i Bigoli sapevo delle loro origini venete seicentesche, di una pasta ruvida realizzata con varie tipologie di farina acqua e sale, del Cimbro non sapevo granché e non avevo mai approfondito la sua storia.

E fu una scoperta dopo l'altra. La storia dei Cimbri, da cui appunto l'omonimo formaggio vaccino, che con il suo gusto deciso quasi piccante di lunga stagionatura, ricorda il carattere di chi lo produceva: un popolo germanico che si stanziò nei Monti Lessini per concessione del Vescovo di Verona nel 1287, boscaioli che diventarono agricoltori e allevatori sfruttando i pascoli ivi presenti. Pascoli ricchi di un'ampia varietà di erbe tipiche di terreni calcarei e basaltici di media quota: salvia, sambuco, calendula, ortica, melissa, finocchio, malva, paglia d'avena, foglia di noce, capaci di fornire alle mucche e in seguito al latte e formaggio innumerevoli varietà di gusto e sentori. Attualmente il Cimbro è un formaggio a pasta semicotta, senza occhiatura, di forma cilindrica e con la rara caratteristica di essere di lunga stagionatura nonostante sia fatto con latte intero. Le forme non sono molto grandi, non superano il diametro di 18/20 cm con uno scalzo leggermente convesso che di circa 10 cm. Ha un sapore deciso, gradevole e persistente, leggermente piccante per via della stagionatura ed è caratterizzato al palato da un continuo evolversi di sensazioni.

I Cimbri, nei secoli, si sono integrati con la popolazione che abitava questi luoghi e a Giazza (Fraz. Di Selva di Progno, Val d'Illasi) purtroppo soltanto pochi anziani sanno parlare il cimbro, è una minoranza linguistica che sta scomparendo.

Attraverso i miei occhi da studioso appassionato di geologia mi resi conto, inoltre, dell'alternanza di forme geomorfologiche nettamente differenti tra loro dell'alta ValChiampo in corrispondenza del paese di Durlo e del contesto circostante fatto di calcari. Valicando infatti le varie dorsali delle valli che si avvicendano verso est partendo dalla Valpolicella, attraversando la zona del Soave, sede tra l'altro di una famosa Bigoleria, mi ritrovai in quella del Metodo Classico Durello dell'amico Sandro (azienda agricola De Bruno) e vidi sedimenti vulcanici fino ad allora solo letti attraverso la mineralità gusto-olfattiva di certi Soave caratterizzati da grandi intensità, da beve fresche verticali e mai veramente toccato con mano.

Ma ancora non l'avevo visto il pezzo forte, il motivo per cui mi pongo molte domande, quello che definisco il principe dei vulcani spenti finora incontrati: il Monte Purga di Durlo.


Si presenta come un cono regolare ricoperto da un bosco di faggi e si trova a dividere l'alta ValChiampo in due vallette molto strette ma profonde, la Val del Poneche e quella del Corbiolo che terminano in un quasi perfetto semicerchio di rilievi montuosi. La stranezza infatti della geomorfologia vede un dorsale erbosa, su sui appoggia un cono di dimensioni più contenute, dipartire dalla Purga a mo di spartiacque a forma di T, sul cui braccio di destra dando le spalle al Purga è possibile osservare all'interno di un pascolo piuttosto esteso delle sandwaves, testimonianze della presenza di un ambiente di risacca dell'Oceano della Tetide e un altro piccolo cono coperto di vegetazione.

Salendo a piedi attraverso il sentiero che dalla piazza centrale di Durlo si addentra nel bosco di faggi del Purga si iniziano a vedere delle rocce basaltiche ormai ingiallite dall'azione degli agenti atmosferici e colpisce l'attenzione la presenza di una colata lavica perfettamente conservata Arrivando nella parte apicale non si rilevano tracce del camino vulcanico, ma colpisce la presenza delle fondamenta di un'antica torre, uno scavo artificiale al posto di uno naturale, che stranezza!

Le domande che mi pongo e che restano senza risposta: cosa può avere provocato la cessazione dell'attività vulcanica qui? Come è possibile che non ci sia letteratura geologica sul Purga di Durlo quando è una perla dal punto di vista paesaggistico e un perfetto mini vulcano? Come è possibile che non costituisca attrazione turistica o di un turismo scientifico una colata lavica in perfetto stato di conservazione? C'è un qualche collegamento storico - scientifico tra il Purga di Durlo e i Colli Euganei e le altre forme di antica attività vulcanica in Veneto?

BOLCA

Sulla base di questi rilevamenti mi resi conto di essermi dimenticato di studiare il contesto e mi incamminai verso il vicino paese di Bolca, sede di un Museo dei Fossili, famoso in tutto il mondo per la qualità dei ritrovamenti non solo marini ma anche terrestri e per la presenza della Pesciaia, dove è possibile, con caschetto, martello e scalpello improvvisarsi paleontologi sotto la guida attenta di personale qualificato.

"Il museo è rimasto come all'inizio della sua fondazione avvenuta nel 1971, fatta eccezione per la sala al piano superiore più moderna, poco male mi piace leggere: scopro dalle didascalie quella che conosciamo attualmente come alta ValChiampo era in origine circa 50 milioni di anni fa un ambiente di risacca, una sorta di ambiente marino tropicale, immaginiamolo costituito da isole e lagune e caratterizzato da un fondale di limi e sedimenti fini ricchi di vita animale e vegetale. Sono stati rinvenuti però fossili di pesci che potevano vivere in acque basse, acque dolci ma anche in acque marine più profonde e sulla terraferma, testimoniati da animali, insetti e piante terrestri. Si trattava, ragionando sulla base dei ritrovamenti, di un ambiente caratterizzato periodicamente da eventi di natura catastrofica tempeste, tornadi, che scaricavano nel bacino di sedimentazione ingenti quantità di detriti provenienti dalla scogliera, al termine dei quali si ripristinavano le precedenti condizioni di tranquillità favorendo il processo di deposito e di fossilizzazione. Questo spiega come mai sono stati rinvenuti pesci che sono morti a centinaia di km di distanza e sono poi stati portati nel bacino dagli eventi atmosferici.

Inoltre in quel periodo, e in quello immediatamente successivo, leggo che l'area della ValChiampo è stata interessata anche da un'attività vulcanica più o meno intensa legata alla presenza di alcune faglie profonde. E qui finisce purtroppo la testimonianza storica presente e gentilmente fornita da un cartello informativo posto all'ingresso della Pesciaia di Bolca dal Museo Naturale Regionale della Lessinia".

CONCLUSIONI

La cronistoria di Bolca, del succedersi degli eventi e anche di cosa possa aver causato 50 milioni di anni fa la moria di così tanti pesci sul fondale marino, il tutto in un contesto vulcanico credo sia estremamente suggestivo e appassionante. La nostra natura di geologi è di lettori scientifici di paesaggi, di colti guastafeste che in contesti dove gli altri esprimono il loro stupore, siamo sempre spinti a dover dare la dimostrazione della genesi, della storia, della continua evoluzione e del perchè. Credo sia una forma d'arte: dove altri vedono una montagna sapere che esiste il concetto, non la parola, esistono strati, corrugamenti, metamorfismo. Ci fa essere sempre partecipi protagonisti di quello che stiamo guardando e non smetteremo mai di crederci sono convinto. Non nascondo che mi piacerebbe condividere con appassionati e geologi la geomorfologia presente nell'alta ValChiampo, sarebbe utile infatti valutare insieme e costruire il succedersi degli eventi.

Da una piatto di Bigoli al Cimbro con una spolverata di Tartufo Nero dei Lessini siamo arrivati fino a qua, la mia prima domanda è stata ampiamente risposta, vi aspetto qui a dare una risposta a quelle ancora aperte magari davanti a un buon calice di Durello e un Baccalà alla Vicentina.

Matteo Capellaro

3 commenti:

  1. Interessante, preciso, scientifico e al tempo stesso poetico, sentito, coinvolgente... Un viaggio tra natura e cultura. E grande Cappellaro!

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    1. Grazie mille a Lei Federico, la cosa mi fa molto piacere, cerco sempre di alternare una parte scientifica a un coinvolgimento emozionale! Grazie ancora

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  2. Abito a Durlo da sempre, e ogni volta che ne osservo e conoscono un pezzetto ne resto affascinata! Quanto c'è ancora da scoprire!

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